sabato 27 agosto 2011

Non c'è più una majorette a Villalba


VILLALBA. Il film documentario dall’insolito quanto evocativo titolo “Non c’è più una majorette a Villalba” continua a riscontrare successi di critica in numerosi festival italiani e non solo. L’ultimo in ordine di tempo è il premio della giuria vinto in occasione della 27° Semaines du Cìnema Medoterranéen à Lunel, in Francia, svoltasi tra il 30 marzo e il 12 aprile 2011. Rilevanti anche i riconoscimenti ottenuti in Italia: premio Miglior Documentario al Piemonte Movie gLocal Film Festival; premio Menzione speciale “Anteprima DOC” alla 28° edizione del Bellaria Film Festival; premio Migliore film al Festival del Cinema Invisibile; segnalazione speciale concorso documentari al Molise Cinema; “premio Brasile” al Salina DOC Fest.
Il film è stato realizzato da Giuliano Ricci, giovane regista, sceneggiatore e montatore milanese, e da Max Luvaro, co-autore del progetto. Lavorando ad un soggetto ambientato nell’entroterra siciliano, Ricci e i suoi collaboratori sono arrivati a Villalba nell’Agosto del 2008: “Una ricerca su internet ci portò a Villalba, in provincia di Caltanisetta. Il luogo sembrava perfetto: la sua posizione sperduta, 20 Km da Canicattì, l'intensa storia di mafia e politica e le decine di pubblicazioni, libri e poesie, sembravano smisurate per un paese di 1800 abitanti” afferma il regista. Affascinati quindi dalle molte citazioni di un paesino isolato, l’idea di dare vita a personaggi reali ed autentici si è concretizzata. “Arrivati sul posto fummo accolti con grande ospitalità ma soprattutto trovammo negli abitanti un'incredibile disponibilità nel raccontarsi, questo ci permise di ottenere degli squarci di realtà che raccontavano sinceramente il carattere e la vitalità delle persone e lo svolgersi della vita nel paese” continua Ricci. L’emigrazione, il lavoro, l’isolamento fisico e non solo, le lotte politiche, la routine della vita quotidiana che in un piccolo centro è ancora più marcata …. Tutte sfaccettature che in fondo sono elementi universali dell’intera società italiana, ma che trovano maggiore visibilità a Villalba così come in altri paesi accomunati da una bassa densità demografica e da una tragica immobilità economica.
Così la metafora della majorette scomparsa diventa l’emblema di un microcosmo, come piace definirlo all’autore, che rimane ancorato ad un passato ormai lontano e che arranca nel tentativo di prospettarsi verso il futuro, seppur incerto.
Agli occhi di una persona che vive in una grande città, magari nel Nord, le dinamiche sottili, le pratiche quotidiane di Villalba possono apparire come frivole e decadenti; ma un villalbese che vive lontano dalla sua “terra”, seppur difficile e monotona, guarderà ad essa con occhi nostalgici, perché per quanto si sforzi di mostrare la propria fierezza nell’essere riuscito ad abbandonarla, un compaesano, pur tacendo, riuscirà a cogliere il disincanto di questa amara bugia.

Flavia Fruscione

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